Skanderbeg

Giorgio Castriota Scanderbeg, Gjergj Kastrioti Skënderbeu in albanese, è il personaggio più importante della storia albanese. Nato nel 1405 presso il villaggio di Sine da Voisava e Giovanni, signore dell’Albania settentrionale, le sue gesta sono intrise tra mito e realtà che lo definiranno come eroe, guerriero, comandante militare, politico e mediatore.

Ancora bambino, Giorgio Castriota Scanderbeg fu rapito dai turchi, insieme ai fratelli, secondo la pratica del devshirme, dal turco raccolta, cioè una formula con cui i turchi requisivano bambini o giovani delle popolazioni conquistate per inserirli nell’esercito o nell’amministrazione. Presso la corte turca fu convertito all’Islam e qui emerse per le sue notevoli capacità tattiche e militari, tanto da guadagnarsi la fiducia del Sultano Murad II e il soprannome di Iskender Bej, che diventerà poi Skënderbeu in albanese, cioè “Iskender”, ossia Alessandro, e “Bej”, ossia principe.

Durante la crociata di Varna, e in particolare in occasione della battaglia di Nish nel 1442, Giorgio Castriota Scanderbeg decise di ritornare alle proprie origini e combattere in difesa della sua terra natale contro l’avanzata ottomana. Così, assieme a 300 fedeli Albanesi abbandonò l’armata ottomana e passò dalla parte di quella cristiana riuscendo a uscire vincitrice allo scontro. Di seguito, insediatosi al governo del territorio appena conquistato, Giorgio Castriota Scanderbeg abbandonò l’Islam per ritornare al cristianesimo e il 28 novembre 1443 fu incoronato Principe d’Albania nella Cattedrale di Kruje scegliendo come stemma un’aquila bicipite nera in campo rosso, l’attuale bandiera dell’Albania, che sostituì la mezzaluna ottomana.

Nel marzo 1444 nella città di Alessio, oggi Lesha, insieme agli altri nobili albanesi Skanderbeg diede origine alla Lega dei popoli albanesi e, in uno scontro epico, il suo esercito riuscì a sconfiggere l’esercito di Murad II guidato dal generale Ali Pasha. Nel 1448 inizia la lotta per l’indipendenza Albanese e Giorgio Castriota Scanderbeg mostra i suoi valori politici, militari, morali, religiosi difendendo il suo paese dall’invasione mussulmana. Per questo motivo ottenne da papa Callisto III gli appellativi di Atleta di Cristo e Difensore della Fede.

Nel 1459, approfittando di una tregua nella guerra contro i Turchi, Scanderbeg si recò in Italia per portare aiuto al re di Napoli, Ferdinando, in lotta con Giovanni d'Angiò, pretendente al trono, e con Gian Antonio Orsino, principe di Taranto. Sbarcato a Trani, egli combatté a Bari e a Ursara contribuendo alla vittoria di Ferdinando che come ricompensa gli cedette Trani, Monte Gargano e San Giovanni Rotondo.

Tornato in patria, Giorgio Castriota Scanderbeg respinse nuove invasioni turche nel 1464 e nel 1465, entrambe organizzate da Maometto II. Nel 1466, a seguito delle ripetute sconfitte dei generali Ghirmet beg e Balabān beg, Maometto II si reca in Albania con un esercito di circa 200.000 uomini che Giorgio Castriota Scanderbeg riuscì a contenere evitando le battaglie campali con improvvisi attacchi alle milizie ottomane.

Mentre Croia resisteva, Giorgio Castriota Scanderbeg si reca in Italia per cercare aiuti ricevendone da Venezia che gli concesse un contingente di 13.000 uomini e una flotta sulle coste albanesi. Sbarcato a Durazzo, Giorgio Castriota Scanderbeg assalì sotto le mura di Croia l'esercito ottomano, ma non riuscì a sbloccare la fortezza. Ritiratosi ad Alessio per raccogliere nuove milizie, Giorgio Castriota Scanderbeg muore di febbre violenta il 17 gennaio 1468. Dopo la sua morte, gli ottomani riuscirono a sconfiggere la resistenza albanese e a conquistarne i territori. Gli succedette il figlio Giovanni che però non fu in grado in grado di governare e si rifugiò a Napoli, alla corte di Ferdinando I, per stabilirsi in Puglia, nel Salento.



Bibliografia:
Giorgio Castriota Scanderbeg, Wikipedia;
Scanderbeg, Enciclopedia Italiana Treccani;
Giorgio Castriota Skanderbeg, Padre dell’Albania, Storia e Chiesa.

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